Giallo di Arce, figlia del brigadiere Santino Tuzi: “Mio padre ucciso o costretto a suicidarsi”
Giallo di Arce, la figlia del brigadiere Santino Tuzi a Radio Cusano Campus: “Mio padre fu ucciso o costretto a suicidarsi per evitare che potesse succedere qualcosa alla sua famiglia”
Istigazione al suicidio. Il brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi sarebbe stato costretto a spararsi. Con questa ipotesi di reato la Procura della Repubblica di Cassino ha riaperto le indagini sulla morte del sottufficiale dell’Arma che nel 2001 era in servizio nella caserma di Arce e che giorni prima di morire con un colpo di pistola alla tempia, riferì ai magistrati, sette anni dopo l’assassinio di Serena Mollicone, di aver visto entrare la ragazza nella caserma dei carabinieri alle undici del mattino di quel venerdì 1° giugno. Maria Tuzi, figlia del Brigadiere Santino, è intervenuta ai microfoni della trasmissione “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).
“Mio padre non era una persona ricattabile su nessun fronte, non aveva scheletri nell’armadio –ha spiegato Maria Tuzi-. Io penso che, avendo assistito a qualcosa accaduto in quella caserma, è stato ricattato sui figli e sul nipote. Se mio padre non è stato ucciso, vuol dire che è stato costretto a suicidarsi per far sì che non succedesse qualcosa a noi. Vogliamo riuscire a dimostrare come sono andate le cose realmente, non per sentito dire. Mio padre mi disse che aveva problemi col suo superiore, il maresciallo. Ma mio padre è sempre stato una persona molto riservata riguardo il suo lavoro, non diceva molto. Mi disse che questo maresciallo, nonostante fosse meno esperto di lui, non voleva accettare i suoi consigli”.