Mussolini recitò in “The Eternal City”, film prodotto da un ebreo polacco
Benito Mussolini ha fatto anche l’attore. Già, avete capito bene, il Duce ha recitato in un film muto per la Hollywood degli anni ’20. Ma “The Eternal City” non lo vide solo come attore bensì anche come collaboratore, influenzandone profondamente la trama. La pellicola realizzata nel 1923 grazie alla produzione di Samuel Goldwyn, un ebreo polacco nato a Varsavia con il nome di Schmuel Gelbfisz, si è valsa della regia di George Fitzmaurice. Tratto dal romanzo ‘La città eterna’ (1901) di Hall Caine, il film fu girato tra New York e Roma, e presentato in prima a Los Angeles il 17 dicembre 1923. Dopo 91 anni verrà proiettato in versione restaurata alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone del 2014.
La trama
David Rossi (Bert Lytell) è un vagabondo che viene adottato dal dottor Roselli. Cresce insieme alla figlia del dottore, Roma (Barbara La Marr). I due si innamorano ma vengono separati dalla partenza di David per la prima Guerra Mondiale. Il ragazzo si unisce ai fascisti fino a diventare il braccio destro di Mussolini. Nel frattempo la sua fidanzata diventa scultrice grazie al sostegno economico del Barone Bonelli (Lionel Barrymore). Tornato dalla guerra David, ingelosito del rapporto tra Roma e il Barone decide di uccidere quest’ultimo. Per salvarlo da una sicura fucilazione, la ragazza si addossa la colpa. Il grande gesto fa capire a Davide che Roma lo ama ancora, così prende la difficile decisione di confessare tutto a Mussolini, che commosso da questo grande amore deciderà di concedergli la grazia e farlo tornare dalla sua amata.
Giuliana Muscio, la studiosa che ha ritrovato il film perduto
E’ stata la studiosa Giuliana Muscio a ritrovare la pellicola di cui si era parlato in passato in modo diverso da ciò che realmente venne proiettato: “Evidentemente Mussolini accordò il permesso di girare il film a patto che avesse un’impronta filo-fascista. Del resto gli americani guardavano con interesse alla figura di un giovane leader che portava ordine nel Paese, un uomo considerato d’azione e non negativo. Essendo giornalista e drammaturgo quando lesse la sceneggiatura Mussolini diede senz’altro dei suggerimenti. Lo confermano almeno due particolari: il fatto che le camicie nere sono paragonate ai Mille di Garibaldi (certo non fu un’idea della sceneggiatrice ufficiale, un’americana che forse nemmeno sapeva dov’era l’Italia) e che il leader del fascismo diventa un personaggio della storia, permettendone il lieto fine quando firma la liberazione di David.”