Pubblicato il 26 Aprile 2016

Scontro Anm-politica, magistrato Ayala: “Stupito che Davigo abbia accettato la presidenza a termine”

Il magistrato e politico Ayala sul caso Davigo: “Mi stupisce che Davigo abbia accettato la presidenza a termine. Ha sbagliato a sparare indiscriminatamente. Basta con la cazzata che la società civile è pulita e i politici disonesti”. “Il Parlamento rispecchia il Paese. La politica dovrebbe fare pulizia prima che arrivi la magistratura”

Scontro Anm-politica, magistrato Ayala: "Stupito che Davigo abbia accettato la presidenza a termine"

Giuseppe Ayala, magistrato e politico, ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano” su Radio Cusano Campus, ha parlato del caso che ha coinvolto il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: “Mi ha stupito – spiega Ayala – il fatto che il mio amico Davigo e un altro mio amico e collega Marcello Maddalena a un certo punto sono usciti da Magistratura Indipendente, che è la corrente più moderata dell’Anm, rompendo con la vera guida di questa corrente, ovvero il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. Ho apprezzato questa scelta, pur non conoscendo i dettagli, perché ho pensato che non si riconoscessero più in quella corrente, pur avendovi militato per decenni e hanno creato la nuova corrente Autonomia e Indipendenza. Quando poi nelle elezioni per il comitato direttivo dell’Anm Davigo è stato meritatamente il più votato di tutti, il fatto che lui abbia accettato di essere eletto presidente, anche con i voti della corrente che aveva abbandonato, solo per un anno anziché per 4, mi ha lasciato sorpreso. Sostanzialmente questo è il frutto di un accordo spartitorio tra le correnti. Alla fine dell’anno Davigo non sarà più presidente e ogni anno sarà eletto un rappresentate delle altre correnti. In politica questo si chiama Manuale Cencelli, che accada dentro l’Anm già di per sé non mi piace, ma lì succedono anche cose peggiori. Ma che una personalità come Davigo accetti questo incarico a tempo è una cosa che francamente mi ha stupito. Avevo voglia di fargli un colpo di telefono per chiedergli il motivo, poi ho lasciato perdere”.

In merito alle dichiarazioni di Davigo sui politici
“Davigo ha una dialettica molto efficace e anche molto tagliente, però è uno che ha continuato a fare il suo lavoro di magistrato con altissimo senso del dovere, non ha mai fatto domande per incarichi direttivi per avere visibilità. Detto questo, rimane il fatto che diventa presidente dell’Anm con una legittimazione a tempo che non mi piace e poi esordisce con quelle dichiarazioni in cui penso si riconoscano molti cittadini italiani, ma lui non è un semplice cittadino italiano. Lui non soltanto è un magistrato e tra i suoi doveri c’è anche quello della continenza, ma è anche il presidente dell’Anm. E’ evidente che all’interno dell’Anm le voci dissenzienti su questa sortita di Davigo sono state parecchie. La domanda fondamentale è: perché dici questo? Un comune cittadino può dire anche peggio dei politici italiani, ma per il ruolo e la storia professionale di Davigo secondo me se la poteva risparmiare questa uscita. In linea di massima sono d’accordo con quello che dice, ma non sono d’accordo con lo sparare indiscriminatamente. Io sono stato in Parlamento per 4 legislature e il Parlamento rispecchia il popolo italiano. Finiamola con questa frattura tra società civile tutta buona e classe politica tutta malata, è una cazzata. In Parlamento ci sono persone di straordinaria qualità, umane, culturali, professionali e di onestà. E’ chiaro che ci sono anche molti, forse troppi, che non rispondono a questi requisiti. Ma l’attacco indiscriminato fatto da un magistrato che rappresenta tutti i magistrati italiani, l’ho trovato inopportuno. A chi giovano queste dichiarazioni?”.

Intercettazioni
“Guai a toccare la normativa sulle intercettazioni, perché le intercettazioni sono un mezzo d’indagine determinante, anche e soprattutto nei casi di corruzione e malamministrazione. Il vero problema è leggere sui giornali pezzi di intercettazioni telefoniche che riguardano persone completamente estranee alle indagini o addrittura conversazioni private, prive di qualunque rilevanza ai fini dell’indagine, o in casi ancora più gravi intercettazioni che sono ancora coperte dal segreto. E guai a dare la colpa sempre al pm per queste fughe di notizie, perché il pm è l’ultimo a conoscere il contenuto delle intercettazioni. Prima di lui le conoscono gli addetti all’esecuzione dell’operazione, poi la polizia giudiziaria. Ad esempio, la famosa intercettazione Fassino-Consorte, in cui Fassino dice l’infelice frase ‘Abbiamo una banca’, è stato accertato che fu offerta a Berlusconi da privati, che ovviamente erano quelli della struttura addetta all’esecuzione dell’intercettazione, prima ancora che finisse sul tavolo del pm. Fermo restando che ci possano essere anche dei pm responsabili di fughe di notizie. Bisogna trovare il punto di equilibrio tra il diritto alla riservatezza e il diritto all’informazione. Il Presidente del Consiglio dovrebbe convocare a Palazzo Chigi i rappresentanti delle due categorie interessate al problema: la federazione nazionale degli editori dei giornali e la federazione nazionale della stampa italiana. A quel punto dovrebbero stilare un documento in cui le due categorie si impegnano a non pubblicare quel tipo di intercettazioni di cui parlavamo prima. Secondo me lo firmerebbero quel documento e non ci sarebbe neanche bisogno di fare un’altra legge”.

Un punto di equilibrio nei rapporti tra politica e magistratura
“Da cittadino, non da magistrato, dico che si può arrivare ad un punto di equilibrio ma dipende molto dalla politica –ha spiegato Ayala-. La politica deve avere la grande capacità di fare pulizia al suo interno, cosa che in Italia non si è mai vista. Il magistrato interviene a delitto già consumato. Perché la politica non si occupa di intervenire prima, con i suoi strumenti, per bloccare la corruzione”.

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